DIAGNOSI ENERGETICHE NEI SISTEMI DI TRASPORTO

Si è conclusa da meno di un mese la stagione di presentazione della diagnosi energetica nei vari settori, a seguito della prima tornata che ha visto molte aziende coinvolte già nel 2015.

L’appuntamento con la redazione della diagnosi energetica è oramai una prassi comune, istituita per legge con il D.Lgs 102/14, e che vede impegnati professionisti e tecnici di diverso tipo nella valutazione circa l’efficienza dei sistemi energetici e dei processi produttivi sottoposti ad una scrupolosa analisi.

Il 2019 è stato anche il primo anno a partire dal quale ci si è dovuti confrontare con la rendicontazione dei consumi a partire dai dati misurati attraverso sistema di monitoraggio, e in alcuni casi ci si è imbattuti nella determinazione e definizione di alcune grandezze non contemplate dal sistema stesso, al punto di dover individuare una migliore rappresentatività dei dati da analizzare all’interno del sistema energetico.

Tutto ciò vale chiaramente per il settore dei processi produttivi e degli edifici, ma cosa dire in merito al settore dei trasporti?

L’impostazione di una diagnosi energetica nel settore dei trasporti, segue il principio base degli altri settori poiché fa capo alla più generale normativa UNI EN 16247 -1 che fissa quelle che sono le linee di indirizzo generali sulla conduzione e impostazione di una diagnosi energetica.

Nella fattispecie l’analisi del sistema di trasporto può seguire due vie:

  1. la prima consiste nell’individuare l’attribuzione di quel trasporto ad una determinata area funzionale di uno stesso sito, ad esempio per un sistema di raccolta e trattamento dei rifiuti, all’area specifica di raccolta dei rifiuti, riservando all’area funzionale di trattamento dei rifiuti i consumi specifici relativi ai vettori energetici impiegati per la trasformazione degli stessi;
  2. la seconda , prendendo come esempio sempre il sistema di raccolta e trattamento dei rifiuti, consiste nel creare due siti, di cui uno virtuale, e trattarli separatamente.

Ciò che è importante è che comunque nel primo caso l’area funzionale individuata sia comunque analizzata come un sito virtuale, ossia siano prese in considerazione tutte le grandezze necessarie a costruire gli IPE (chilometri, tonnellate di prodotto, percorsi, ecc.) al fine di ottemperare a quanto previsto dalla normativa UNI EN 16247 – 4.

Risultano di particolare interesse indici costruiti sulla base dei chilometri percorsi e delle tonnellate di prodotto, o anche indici relativi al consumo di energia (derivante dal consumo di gasolio o altro vettore) rispetto alle cosiddette tonnellate-chilometro, molto utili ad individuare i consumi specifici del sistema di trasporto.

Ciò consente di poter individuare in maniera più congrua i consumi di energia in relazione anche alle proposte di miglioramento da dover adottare, e fornire quindi una indicazione più chiara circa gli effetti che tali miglioramenti possono apportare.

In merito al sistema di monitoraggio? Cosa fare se la diagnosi è successiva alla prima? Come misurare i consumi dei trasporti e rendicontare ai fini della presentazione della DE?

Anche sotto questo punto di vista, sia l’ENEA che la normativa sono molto chiari. In questo caso è necessario fare affidamento alle fatture relativi al rabbocco di carburante o laddove ve ne sia la possibilità, come spesso accade per le aziende di trasporto, ai registri o ai sistemi che effettuano la rendicontazione dei chilometri percorsi per il calcolo sulla defiscalizzazione del gasolio.

Soprattutto in quest’ultimo caso si ha a che fare con sistemi soggetti ai controlli dell’Autorità Statale, come l’Agenzia delle Dogane, divenendo quindi degli strumenti di rendicontazione molto affidabili, sia in termini di validazione per l’ENEA e sia in termini di supporto per il tecnico che si occupa dell’analisi del sistema energetico.